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La maiolica e le zuppiere

L e case di tutti noi sin dai tempi antichi sono state occupate da una serie di oggetti destinati all’espletamento di attività quotidiane domestiche. Piatti, boccali, vassoi, tazzine, caffettiere, borracce, saliere, oliere, zuccheriere, calamai, acquasantiere, portacandele, centro tavola e così via e perché no zuppiere: oggetti con funzioni diverse, da usarsi in orari e ambienti diversi, a seguire gli eventi quotidiani domestici.

Le acquasantiere prevalentemente nelle camere da letto al mattino e alla sera, i calamai nelle ore del giorno indaffarati in conteggi o rendiconti, le tazzine e le caffettiere in occasioni di riunioni di amici e non, e infine tutta la serie di stoviglie per la cucina e la mensa.

Spesso tutti questi oggetti erano custoditi in mobili appositi credenze a due corpi con alzate a scaffalature, chiamate credenze, dove sistemarli e anche esporli a decoro e lustro dei proprietari.

Di Faenza e Urbino del secondo Cinquecento sono le maioliche delle credenze  nuziali di Alfonso II d’Este in occasione delle seconde e terze nozze(1565 e 1579) con decori opera dei massimi artisti dell’epoca con in grande evidenza lo stemma della famiglia (vedi “Le Ceramiche dei Duchi d’Este” Federico Motta-2000).

Quando parliamo di ceramica di questi secoli ovviamente ci riferiamo alla maiolica che con la porcellana e la terraglia ne fanno parte.

La maiolica è impasto di argilla, più o meno depurata, lavorata e rivestita di smalto bianco a base di ossido di stagno.

La porcellana è impasto di caolino (argilla bianca) prodotta in Europa a partire dal 1710 a imitazione di quella cinese nata probabilmente agli inizi dei primi secoli della nostra era.

La terraglia è impasto di argille chiare rivestito di vernice piombifera o silicati vari nata in Inghilterra nel XVIII sec. particolarmente indicata alla produzione su scala industriale per il vasellame da mensa.

Non vogliamo riportare qui la storia della maiolica così ben illustrata nella copiosissima bibliografia esistente: ci piace solo ricordare che l’arte della produzione ceramica si colloca tra le più antiche, se non la più antica, nella storia dell’uomo. Ricordiamo che essa si esplica con la terra, l’acqua e il fuoco i tre elementi base del nostro mondo. Se poi vogliamo accennare ad un paragone certamente esagerato diciamo che il Padreterno quando ha creato l’uomo ha preso in mano della terra, gli ha messo sopra della saliva e poi gli ha soffiato sopra. Che dire altro!!!!

Abbiamo detto zuppiere e di zuppiere dobbiamo parlare perché abbiamo davanti a noi una incredibile collezione di questi oggetti, abbastanza rari da vedere su libri in musei o in collezioni pubbliche o private.

Tutti sappiamo cosa sono ma io mi permetto di presentare la definizione che di questo oggetto fa Giorgio Ballantini nel suo libro “L’AMICO DELLA CERAMICA” (edizione Vallecchi Firenze 1974) che mi sembra ricca ed esaustiva.

“Grande recipiente da minestra in ceramica, in genere di forma panciuta, basso, con due manici laterali (biansato),munito di coperchio. In genere il coperchio termina con decorazione a rilievo nella “presa” (fiori, frutta, conchiglie, mascheroni, pigne, teste di caprone o di altri animali, busti, sfingi, putti eccetera). Alcune zuppiere hanno piedini di sostegno. Altre sono costruite a trompe-l’oeil, in forma, cioè, di animali da cortile, di uccelli, di pesci, di verdure (se ne conoscono, per esempi, in forma di oca, di tacchino, di testa di cinghiale, di zucca, di legume). Altre ancora hanno forma plastica a rocaille. Spesso anche i manici raffigurano foglie, frutta, teste di animali”

Non conosciamo inoltre documentazione interessante relativa alla produzione del XX sec. che grazie alla automazione dei processi industriali è stata vastissima sia in terraglia, anche decorata a decalcomania, grazie alle ricerche inglesi, sia in porcellana sempre richiesta dai mercati. A parte le numerose imprese locali o regionali diffuse dalla fine Ottocento a quasi tutto il Novecento, non possiamo non ricordare le due più grandi industrie italiane che hanno dominato il mercato italiano (non solo di stoviglie) e hanno ben figurato anche all’estero e sono tutt’ora in vita.

La manifattura di Doccia nasce nel 1737 tra le prime in Europa ad opera del marchese Carlo Ginori con una produzione di elevata qualità ed eleganza. Difficoltà di concorrenza e dissidi interni ai Ginori conduce la fabbrica nell’orbita della Richard di Milano e da allora 1896 ai nostri giorni la fabbrica sarà Società Ceramica Richard Ginori. Negli anni ’20 la direzione artistica fu affidata a Gio Ponti che ha lasciato una impronta unica e straordinaria nella storia della maiolica di tutti i tempi.

L’altra grande manifattura nasce a Laveno (VA) nel 1856 ad opera di tre dipendenti dello stabilimento San Cristoforo di Milano col nome di “Società Ceramica Carnelli, Caspani, Revelli e C” divenuta poi “Società Ceramica Italiana” nel 1883, mantiene una posizione di rilievo nella produzione ceramica e in particolare negli anni ’20-’30 sotto la direzione artistica di Guido Andlovitz si distingue nei servizi da tavola. Nel dopoguerra entra a far parte del gruppo Richard-Ginori e nel 1965 viene fusa nella stessa che nel frattempo aveva acquisito altre manifatture del Nord Italia.

La raccolta presentata in questo libro costituisce comunque un unicum impareggiabile per vastità e varietà e rende onore a coloro che con passione e competenza l’hanno realizzata.

Ai visitatori un augurio: apprezzare gli esemplari esposti, innamorarsi dei prodotti ceramici, dedicare un po’ del proprio tempo alla conoscenza degli stessi e poi chissà divenire amatori collezionisti.

 

Giorgio Bernasconi
www.maiolicheitaliane.it

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