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Le Ceramiche di Cerreto Sannita

L a ceramica, dal greco “keramikos “di argilla” è un impasto di argilla (créta) e di altre sostanze. E’ noto che la manipolazione dell’argilla è nata con l’uomo, in connessione ai suoi bisogni esistenziali. Ora, poiché nell’attività dell’uomo, artista nell’animo, è diffi cile scindere il momento estetico da quello puramente esistenziale, non è possibile stabilire, in dimensione strettamente cronologica, quando in Campania, come del resto altrove, l’attività del vasaio sia divenuta momento d’arte.

Frutto dell’incontro tra la civiltà cristiana e quella musulmana fu una ceramica che il Donatone ha proposto di chiamare “parteno-araba”, nello svolgimento della quale Napoli avrebbe avuto un ruolo importante con la conseguente diffusione nel centro-nord della già sperimentata tecnica di invetriatura stannifera. A partire dal XVI secolo, la sessuofobica cultura della Spagna dell’inquisizione, sempre più presente nella spagnoleggiante società partenopea, fece proporre uno stile compendiario, cioè con sobrie ed essenziali decorazioni tipiche della ceramica di Faenza. A partire dal 600, poi, la presenza di una numerosa colonia fi orentina, propose e diffuse motivi tipici della ceramica di Montelupo Fiorentino, dalla caratteristica impronta popolaresca. Nel fervido clima culturale-fi gurativo della Napoli barocca, si inserisce Cerreto Sannita, località distrutta da un violentissimo terremoto nel 1688. “…Hor questa terra con le Chiese, Monasteri, e tutto… in tanto tempo, quanto porria dirsi un Credo, cadde tutta, tutta, tutta, senza che vi rimanesse pure una casa da desolarsi, solo rimasero in piedi…tre piccole casette d’un vasaio (ceramista), cosa che chi non la vede, stenteria crederla …”. Relazione di mons. De Bellis sul terremoto del 5.6.1688.

La ricostruzione di Cerreto fu voluta da Marzio CARAFA, VII Duca di Maddaloni e X Conte di Cerreto,il più illuminato della famiglia Carafa, tanto che lo storico Dalio lo paragonò al sole che fuga le tenebre, nella certezza che Cerreto risorgerà dalle sue rovine “sub principe tanto” e che “ restituit juri iustitiaeque locum” (riportò sul posto il diritto e la giustizia).

L’architetto G.B.MANNI progettò la città, “di fondazione”, quindi, prima di Noto e dopo Pienza, in base ad una pianta regolare, con cardini e decumani che hanno il loro punto di fuga sempre su di uno scenario naturale o artifi ciale: una CITTA’ PENSATA. L’abbondanza di lavoro richiamò a Cerreto artisti come i napoletani Scarano, Russo, Marchitto e Giustiniani che portarono l’esperienza di Capodimonte. Alcuni di questi presero casa nel vicino “Casale” di S. Lorenzello, per carenza di alloggi nella Cerreto in ricostruzione.

L’incontro tra scuole diverse diede luogo ad una produzione ceramica che riproponeva modelli e tipologie partenopee, ma con un nuovo, dissonante ed esuberante cromatismo, dal gusto naturalistico, con svelte e nervose immagini animalistiche, dal sapore NAIF, che fanno ricordare il rapporto uomo-animale delle antiche civiltà venatorie.

“…nella vecchia e nuova Cerreto han sempre gli stoviglieri manipolato vasi ancor grandi, invetriati, e variamente dipinti…” N. Rotondi – Memorie Storiche Proprio di fronte alla Cattedrale era ubicata la “FAENZERA”, il quartiere ove erano le botteghe con le fornaci, una delle quali, quella di Nicolò Russo, è da poco venuta alla luce nella proprietà di Gianni Teta in Piazza L. Sodo.

Poco d’ivi lontano (dalla Cattedrale) è la Faenza Cioè dove si fanno i vasi bianchi E dipinti con somma diligenza Voi vedrete lavor sì fi ni e franchi Che se fosser di creta di Savona Potrian star d’ogni lavoro ai fi anchi (da una poesia del Governatore Migliorini-1711)

Le fornaci erano rudimentali, a gran fuoco, soggette a frequenti incendi. Perciò i ceramisti mettevano sulla porta della bottega una piastrella raffi gurante S. Antonio Abate, loro protettore. Le acquasantiere cerretesi, famose in tutto il mondo, i piatti da parata e le “riggiole”, testimoniano la capacità e la grande vitalità artistica di questo paese e della vicina San Lorenzello dove le botteghe sono molte e offrono un vasto assortimento di pezzi moderni e/o “ad imitazione” di quelli antichi. Anche Vietri fu ovviamente interessata dalla infl uenza del grande centro culturale costituito dalla Capitale del Regno, il cui porto era utilizzato per esportare la ceramica in Calabria e Sicilia. Esempio del rapporto tra il mondo Vietrese, quello napoletano e quello sannita, dove nel primo decennio del ‘700 operò il ceramista vietrese Antonio Gaudioso, è il pavimento rinvenuto in alcune cappelle e nel fonte battesimale della collegiata di Morano Calabro.

Tra i centri Campani ricchi di produzione ceramica sono infi ne da ricordare Calitri e Ariano Irpino ove la lontananza da Napoli e la vicinanza con Lucera, città musulmana nel XIII secolo, portò ad una ceramica di schietta e caratteristica impronta popolare.

Lorenzo Morone

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